Gli Infopoint sono un servizio di orientamento turistico e tradizionalmente sono la porta d’accesso all’esperienza turistica diventando spesso il primo contatto con il luogo scelto per la propria vacanza.
Con l’avvento degli strumenti digitali questa necessità di informazione è parzialmente migrata sugli strumenti digitali (soprattutto nella fase pre viaggio) e durante la vacanza viene sempre parzialmente sostenuta da app e guide digitali quando non direttamente dai suggerimenti della rete sociale nella quale viviamo immersi e contaminati.
Gli Infopoint tradizionali quindi non possono prescindere da una impostazione fortemente digitale perché i dati sono il vero valore aggiunto per un turista e devono essere certi, disponibili e fruibili in maniera veloce e semplice, facilmente esportabili per essere disponibili alla creazione di strumenti di informazione e comunicazione anche non istituzionali. Da strutture prettamente di contatto a sportelli con propaggini digitali siamo quindi all’ultima evoluzione che impone sportelli digitali con una rete di contatti locali.
Gli Infopoint necessitano quindi di una rete di gestione dell’informazione collettiva e collaborativa che esprime come risultato una capillare conoscenza del territorio, dei luoghi di interesse, degli eventi e di tutti quegli ulteriori dettagli e risorse ambientali e culturali che quel territorio esprime. Una rete strutturata per poter esporre direttamente i dati in strumenti digitali agili di auto-orientamento o per essere terminale di informazioni a supporto degli Infopoint di contatto.
Un operatore di infopoint quindi deve avere quella competenza per poter gestire questi dati con coscienza e conoscenza, gli strumenti di comunicazione che gli permettano di poter interagire con i turisti almeno in inglese e anche la sensibilità per fornire una informazione adeguata alla persona che si trova di fronte: è infatti impensabile se non a scapito di una erogazione di un servizio scadente fornire la stessa informazione a tutte le categorie di turisti con attese, necessità, capacità economica e desideri di esperienza diversi. L’adeguatezza della fornitura di informazione passa quindi sia nel digitale attraverso percorsi di domande e risposte e nel contatto frontale con anche fattori di valutazione a vista nel ritagliare un identikit del turista per potergli filtrare le informazioni e proporgli solo ciò che è utile per vivere la migliore esperienza possibile.
Questa capacità è frutto di formazione, esperienza e anche attitudine ed è comunque complicato gestire un processo dinamico e spesso imprevedibile come quello della accoglienza senza una adeguata organizzazione dei processi lavorativi e una codifica dei linguaggi e della gestione degli stessi.
Perché un Infopoint non è solo dare cartine, gli orari dei mezzi di trasporto e l’indirizzo di un ristorante o il contatto per una escursione. È un processo di analisi delle esigenze del turista per metterlo in condizione di vivere la migliore esperienza possibile su quegli elementi che spesso neanche immagina con strumenti e azioni adeguate.
A un turista bisogna rispondere a poche domande: come spostarsi, dove dormire, cosa fare, dove mangiare. È il come che fa la differenza e quel come dipende dalla qualità dell’informazione, dalla qualità di chi gliela fornisce, dalla qualità delle persone che lavorano in questo processo.
Tutto questo deve essere gestito a livello di macroterritorio (almeno regione, per capirci) che con un protocollo unico e linguaggi e strumenti condivisi propone uno standard al turista e soprattutto informazioni che possono essere utili per la propria esperienza senza essere limitato al solo territorio di insistenza dell’infopoint.
L’ideale è quindi una rete di Infopoint regionali capillare che in ogni territorio possa esprimere in maniera collaborativa e condivisa tutto ciò che lo identifica e lo rappresenta in un linguaggio nativo digitale e aperto, gestito da persone di contatto (online e in loco) con adeguata esperienza e formazione che permettano una fruizione digitale e di contatto appagante e completa.
Ho fatto questa premessa non perché ho preso informazioni qua e là ma perché per circa sei anni mi sono occupato (insieme a un gruppo di persone che non finirò mai di ringraziare) della creazione di un modello di orientamento turistico (digitale e in loco) per il Comune di Cagliari e credo di poter esprimere un giudizio al di là delle competenze generiche.
Leggere la notizia che la Regione Sardegna (insieme ad ANCI Sardegna e FNSI) portino gli Infopoint nelle edicole mi porta a una serie di riflessioni che mi lascia quantomeno perplesso.
L’edicola come hub di informazione e di contatto può anche avere senso (esistono esperimenti analoghi anche nel Lazio) ma penso che sarà complicato formare il personale per quegli elementi di cui sopra, primo fra tutti le lingue.
Erogare poi informazione autogestita con dei pannelli digitali (i totem non muoiono mai, insomma) non so quanto sarà un qualcosa di fruibile da turisti che si portano appresso il loro pannello digitale nel taschino.
Diverso è il discorso se diventeranno erogazione di servizi quali biglietti integrati, materiale informativo gratuito, registrazione per erogare servizi a scontistica e via promocommercializzando.
Aspetto di vedere il progetto al di là delle dichiarazioni politiche che spesso non lo rappresentano ma credo che progetti esistenti come il sistema per creare un database condiviso di informazioni ai fini culturali e turistici ma mai partito potrà essere utilizzato tramite le comunità locali.
Rimane la curiosità di capire come mai si punti su un sistema di questo tipo (al di là della condivisibile esigenza di andare incontro a un settore in difficoltà) quando probabilmente la creazione di una rete di Infopoint regionale coordinando i comuni sarebbe la soluzione più comoda, veloce ed efficace.
Una ultima considerazione è questa: in una crisi economica che viene da lontano e dove la qualità della formazione, dell’esperienza e della competenza dovrebbero fare la differenza si ha difficoltà a far percepire come un settore economico vero il settore del turismo.
Si tende sempre a banalizzare il lavoro nel turismo come se tutti potessero fare qualunque cosa, come se per il turismo in fondo ci voglia solo della buona volontà, delle buone idee e un po’ di investimenti.
Come se lo studio della strategia generale, di una visione articolata a breve, medio e lungo periodo, di una spinta sull’organizzazione di una rete di prodotto al di là dei localismi, di una vera innovazione nei linguaggi e nella comunicazione al di là della prigione degli stereotipi, di un vero programma di formazione regionale per poter innalzare il livello generale in tutte le professioni, di una seria strategia condivisa di promo-commercializzazione misurata e trasparente, di una piattaforma comune di confronto e conoscenza senza paure di ritorsioni, di un progetto di gestione della informazione digitale, di una seria politica di emersione del sommerso per strutturare l’extra alberghiero e le professioni come prodotto, di una valorizzazione del turismo come risorsa economica strategica per la regione, come se tutto questo fosse solo un argomento utile per chiacchierate, convegni e incarichi.
Il turismo in Italia vale il 14% del PIL, in Sardegna probabilmente è la nostra unica speranza economica sulla quale innestare anche le altre economie trasversali.
Provare ad affrontare prima le urgenze e poi anche tutto il resto potrebbe essere una soluzione intelligente per evitare una banalizzazione inesorabile e soprattutto inutile.
[…] e il pressapochismo con cui la politica istituzionale continua ad affrontare la questione (qui qualche ragionamento sensato in […]